F.lli Calegaro di Padova
brevi note sulla posateria
a cura di Francesco Mian
Le posate come si intendono ai nostri giorni non hanno una storia molto antica; per migliaia di anni l'uomo ha continuato a mangiare servendosi unicamente delle mani, seduto per terra su pelli di animali, utilizzando vari tipi di ciotole di legno o argilla, sia per cibi solidi che per i liquidi. In seguito è arrivato l'uso del rudimentale cucchiaio di legno, cucchiaio che rappresenta il primo accessorio da cucina (circa 2.500.000 anni fa) dopo il coltello che è l'attrezzo che appare come primo suppellettile portato in tavola.
Il cucchiaio, nel Medioevo, per rispondere alle esigenze di lusso e raffinatezza dei signori viene fabbricato anche con materiali preziosi ed il manico si arricchisce di smalti e pietre costose. Nel corso del XIX secolo fanno la loro comparsa altri tipi di cucchiai per i vari cibi come fragole, uova ed altro costruiti in osso, in avorio o corno, mentre per i bambini nascono i primi cucchiai in argento per sfruttare il potere battericida proprio di questo metallo prezioso; questi tipi di cucchiai sono quelli che ancora oggi resistono insieme a quelli in acciaio o altri metalli.
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brevi note
a cura di Francesco Mian
La forchetta è una posata da tavola con due o più punte (generalmente quattro) denominate rebbi e disposte a pettine, usata per infilzare cibi solidi e portarli alla bocca o per tenerli fermi e tagliarli per mezzo di un coltello. La forchetta è realizzata principalmente in metallo; un tempo in argento, ottone e alpacca, oggi in acciaio inossidabile, ma esistono anche forchette di legno. Per la ristorazione veloce o per occasioni in cui non vi è la possibilità di lavare le posate come picnic o feste ci sono forchette in plastica usa e getta anche imbustate, in genere con coltello e cucchiaio di plastica e tovagliolo di carta, per motivi igienici.
Storia
L'origine della forchetta non è chiara, è probabile un origine serba anche una probabile origine romana o comunque mediterranea, slegata agli utensili ricavati dalle ossa trovati in alcune tombe della cultura cinese Qijia (risalenti al 2400 - 1900 a.C.).
In ogni caso romani e i greci facevano uso a tavola, come oggi per alcune pietanze, anche delle sole mani; nel caso di famiglie nobili e ricche si utilizzavano invece dei "ditali" d'argento, strumenti che avevano lo scopo di non scottarsi e sporcarsi le dita. Accanto ai ditali, vi era anche l'uso della forchetta. Numerosi ritrovamenti archeologici di esemplari molto curati con due o tre rebbi di epoca tardoimperiale sono conservati nei musei archeologici di Padova e Torcello.
Con la caduta dell'Impero romano d'Occidente e la conseguente invasione barbarica, anche la forchetta, oggetto comunque raffinato seguì lo stesso declino, sparendo quasi completamente, almeno per le piccole dimensioni. Nell'Impero d'Oriente, invece, l'uso di questo "oggetto lussuoso" continuò, per poi venire reintrodotto in Italia dai veneziani. Le prime forme di forchetta furono degli spiedi a due punte chiamati lingula o ligula, che venivano usati per infilzare i datteri. Comunque in Italia le forchette cominciarono a diffondersi già nel XIV sec. nel Regno di Napoli, dove all'epoca si consigliava di adoperare un punteruolo di legno (antenato del modello in acciaio) per mangiare nella maniera migliore la pasta appena cotta e scivolosa.
Nel 1003 la forchetta venne portata in Occidente grazie alla principessa Maria Argyropoulaina, nipote di Costantino VIII, che venne data in sposa al diciannovenne Giovanni Orseolo, figlio del doge veneziano Pietro II Orseolo. Tuttavia alcuni esponenti della Chiesa vollero bandirla: San Pier Damiani la definì un "demoniaco oggetto perché nell'immaginario cristiano era un oggetto in uso al Diavolo.
A Firenze erano sicuramente in uso nella famiglia Pucci, come testimonia il dipinto di Sandro Botticelli sulle nozze di Nastagio degli Onesti, commissionato come regalo di nozze da Lorenzo il Magnifico nel 1483. Dalla corte medicea l'uso della forchetta fu diffuso in Francia da Caterina de' Medici.
La sua difficile diffusione in Occidente passò anche nella corte di Carlo V, il quale ne aveva addirittura una piccola collezione, e poi a Parigi dove rientrava fra le curiosità locali di una locanda, il tour D'argent, ambiente dove Enrico III di Valois (1551-1589), figlio di Caterina de' Medici, adoperò la forchetta per la prima volta.
L'uso della forchetta rimaneva però visto in malo modo: era considerata segno di eccessiva stravaganza, a tal punto che persino il Re Sole preferiva usare le dita alla forchetta e si convinse ad usarla soltanto quando la sua corte fu trasferita a Versailles nel 1684.
La forchetta incontrò difficoltà non solo in Francia ma anche negli altri Paesi e soprattutto nella Chiesa: le superstizioni religiose opposero la più strenua resistenza all'avanzare del progresso e della forchetta. Fu solo nel 1700 che le autorità ecclesiastiche ripresero in esame la dibattuta questione dell’infernale strumento il cui uso era ancora interdetto fra le mura dei conventi.
È attestata nel 1770, sotto il regno di Ferdinando IV di Borbone, l'invenzione del disegno più corto e a quattro rebbi (quello usato tutt'oggi), ad opera del ciambellano di corte Gennaro Spadaccini (vedi anche alla voce Spaghetti). Il nome usato all'epoca, ancora oggi in uso in Calabria (broccia) fu probabilmente mutuato dal francese broche (spiedo) o dall'albanese "verocke".
Posate, "arnesi" quasi recenti
" Quando i signori smisero di mangiare con le mani "
brevi note di Alessandra Doratti
dal sito artericerca
Fra i pezzi da tavola il coltello, con la sua lama tagliente, è senz'altro il più antico. Venne utilizzato da solo, come ausilio alle dita, fino a quando molti secoli più tardi iniziò a diffondersi l'uso della forchetta. Gli alimenti liquidi venivano raccolti con cucchiai. La prima prova documentata dell'uso della forchetta ci è data da un manoscritto miniato del XI secolo, l' Hrabanus Maurus Glossaria di Montecassino, in cui si vedono due uomini seduti a tavola uno dei quali regge una forchetta intagliata, l'altro porta una forchetta alla bocca.
La tradizione vuole che sia stata la principessa bizantina andata sposa al Doge Orseolo II nel 1060, ad introdurre questa raffinatezza a Venezia. Dopo tale datale forchette figurano negli inventari per la degustazione di delicatezze quali lo zenzero, la frutta candita, le pere e le mele cotte.
Benché la forchetta venisse usata in Italia per la pasta fin dal XIV secolo, molto tempo doveva trascorrere prima che venisse accettata dal resto dell'Europa. Thomas Coryat, un inglese in visita a Venezia, rimase fortemente impressionato dai vantaggi che presentava, sul piano igienico, l'adozione della forchetta. A quanto ci risulta sia Luigi XIV che la regina Anna d'Inghilterra mangiavano ancora usando le dita. Il cambiamento avvenne quando mutò il tipo di alimentazione e dalla carne e dalla selvaggina arrosta, tagliata con il coltello, si passò ad una dieta comprendente i legumi che potevano essere consumati più agevolmente usando la forchetta. Un altro fattore che ha favorito tale cambiamento è costituito dal fatto che, abbandonata l'usanza medievale di consumare i pasti in comune, in un enorme locale, si incominciò a preferire riunioni conviviali più ristrette, in sale da pranzo di minori dimensioni. Dato il numero più ridotto di persone, il padrone di casa iniziò a provvedere le posate per la sua famiglia e per i suoi ospiti, mentre in precedenza, ognuno portava a tavola le proprie. Di conseguenza si iniziarono a produrre servizi di posate assortiti, di fattura semplificata e standardizzata, cui si accompagnarono più tardi servizi da tavola in porcellana.
Ulteriori sviluppi si verificarono nel corso del XIX secolo quando la produzione venne industrializzata, concentrandosi a Sheffield che eclissò così i fabbricanti di posate di Londra. I servizi assunsero notevoli proporzioni, con coltelli e forchette di dimensioni diverse per i vari usi, tipi particolari per il pesce e la frutta, cucchiai per gelati, palettine per gli asparagi e così via.
La manutenzione delle posate, durante questo periodo, poneva dei problemi in quanto si trattava di eliminare la ruggine dalle lame dei coltelli e dai rebbi delle forchette che in seguito a queste continue operazioni di sfregamento, di affilatura, di lucidatura, si consumavano ben presto e dovevano essere sostituiti. L'invenzione dell'acciaio inossidabile, nel 1914, produsse un radicale cambiamento della situazione poiché permise di realizzare lama e manico in un solo pezzo eliminando in tal modo la necessità di fabbricare separatamente i manici che, per tanti secoli, erano stati concepiti come pezzi ornamentali indipendenti. I manici più elaborati delle posate dell'epoca medioevale erano quelli dei grandi coltelli usati per tranciare la carne. Infatti, la cerimonia del taglio della carne costituiva uno dei momenti salienti del cerimoniale dei banchetti principeschi. In un suo trattato pubblicato a Venezia nel 1518, Vincenzo Cervio procede ad un raffronto tra il sistema usato in Italia per il taglio delle carni e quello dei paesi a nord delle Alpi e spiega come i diversi metodi influenzino la forma degli arnesi usati. L'autore fornisce consigli sul modo di eseguire elegantemente ed efficacemente l'operazione senza tagliarsi le dita né toccare la carne.
Molte tra le antiche posate hanno origine burgunda. I Duchi di Borgogna attribuivano un'enorme importanza al fasto delle loro dimore che erano le meglio organizzate e le più ricche d'Europa. Le carni vi venivano servite secondo un rituale di sapore quasi liturgico descritto da Olivier de la Marche in un trattato su suggerimento di Edoardo IV d'Inghilterra che lo adottò poi come modello per il cerimoniale di corte. In seguito alla rivoluzione delle abitudini alimentari avvenuta alla metà del XVII secolo, il ruolo dell'addetto al taglio della carne perde molto del suo significato nel contesto del cerimoniale, i suoi coltelli si adeguano al design delle normali posate di serie e non si distaccano più dagli altri pezzi per il carattere particolarmente riservato. Mentre la forma di base del coltello da tavola individuale, con lama smussata da un lato, più o meno appuntito e con manico separato non muta, il manico si adegua agli stili e ai temi del tempo. Un cambiamento si produce quando viene introdotta la forchetta: la lama si fa più arrotondata e meno appuntita in quanto il coltello non deve più assolvere una duplice funzione e la forchetta viene fatta en suite con il coltello. Il solo cambiamento nel design della forchetta è dato dal numero dei rebbi che varia secondo la moda dei tempi.
Ci sono esemplari medioevali che recano iscrizioni con preghiere e precetti morali, ornati con le effigi dei santi popolari, come Santa Caterina e Santa Barbara, altri lavorati a niello e decorati con scene dell'Antico Testamento, alcuni del Cinquecento italiano sono ornati con strumenti musicali. Molti esemplari inglesi esprimono sentimenti patriottici, su alcuni coltelli e forchette sono raffigurati sovrani. La versione tedesca di questi esemplari figurativi è rappresentata da copie di minatori sassoni e fusioni in argento dorato incise con figure. Lo stile rococò è rappresentato da posate con manici in porcellana e in ceramica, alcuni con decorazioni a chinoiserie. Tutte le posate sono state interpretate sempre con una gran varietà di materiali: avorio, corno, osso e tartaruga, giaietto e ambra, legno, vetro; cristallo di rocca e agata, talvolta usati insieme con inserti di metallo damascati o arricchiti da incisioni o ornamenti a sbalzo.
Dalla necessità di produrre suppellettili personali deriva la consuetudine secondo cui il fidanzato offriva alla promessa sposa, come dono di nozze una coppia di coltelli. Questi rappresentavano la massima perfezione raggiunta in quel tempo. Venivano conservati in foderi, con cinghie per appenderli alla cinta, come le chatelaines del XVIII secolo, tal volta con una piccola borsa. Occasionalmente erano decorati con soggetti riferentisi a matrimonio: i manici di due esemplari olandesi del XVI secolo recano incise l'Educazione di Cupido e Tortorecon becchi ravvicinati. Talvolta il secondo coltello è stato trasformato in forchetta. In Olanda l'uso di offrire e ricevere questi coltelli si è conservato fino alla fine del XVII secolo. Durante il XIX secolo la consuetudine è sparita ed stata ripresa quella per i servizi da regalo. Non sorprende il fatto che sui coltelli e sulle forchette ricorrano, di frequente, temi di caccia: si tratta talvolta della dea Diana ma più sovente, di cacciatori e di cani, di cinghiali e di cervi.
Usi estremamente civili conferivano un tocco di raffinatezza alla prosaica funzione del mangiare.
Evoluzione delle posate
dal sito mychef.tv
Presso il Dipartimento di Antropologia dell'Accademia delle Scienze della California si può ammirare la collezione Rietz di Tecnologia Alimentare, che comprende quasi 1.400 articoli. La collezione porta il nome di colui che l'ha raccolta: Carl Austin Rietz, inventore e imprenditore nel settore alimentare, ha svolto molti lavori e le sue passioni personali sono state diverse come lo sono state le sue carriere.
Le innovazioni di successo che ha apportato sono state nel campo delle tecnologie di trasformazione alimentare che insieme al suo interesse per la cucina internazionale e la storia l'hanno portato a studiare l'esigenza fondamentale del nutrirsi.
Durante i suoi innumerevoli viaggi Rietz è andato alla ricerca di manufatti storici che parlassero di come sono cambiati nel corso del tempo il cucinare e l'alimentarsi. La sua ricerca si è svolta trasversalmente tra molteplici culture e varie epoche storiche, dando sempre maggior importanza all' utilizzo degli oggetti rispetto ai materiali usati per costruirli.
Una gran parte di questa collezione è composta da posate, stoviglie, compresi set portatili per mangiare. Nella Collezione Rietz si possono vedere la storia e l'evoluzione di utensili comuni come forchette, coltelli, cucchiai e bacchette.
Storia della posateria
Per millenni l'uomo ha usato solo le mani per mangiare, seduto a terra su stuoie, utilizzando ciotole di terracotta per zuppe e bevande e, raramente, rudimentali cucchiai di legno. Non esisteva la preoccupazione di sporcare tovaglie e vestiti e frequenti lavaggi delle mani in acque nelle quali venivano diluite essenze profumate ovviavano al problema dell'igiene. Ancora oggi questa pratica conviviale viene comunemente utilizzata in molte parti del mondo.
Con la diffusione della civiltà agricola e la nascita dei primi centri urbani l'uso di taluni attrezzi da cucina e da tavola prese lentamente a diffondersi in aree geografiche sempre più vaste e iniziarono a comparire le prime forme di galateo della tavola.
I primi utensili da tavola furono il cucchiaio e coltello. Il termine cucchiaio deriva dal latino cochlea, chiocciola, proprio perché il guscio di questi animali fu il primo strumento naturale usato dall'uomo per portare i liquidi alla bocca.
Al tempo dei Greci, popolo civile per eccellenza, i cibi erano posti già sminuzzati davanti al commensale e l'unico "strumento" usato era la mano destra. Per i cibi caldi si ovviava al problema della scottatura "temprando con l'esercizio le dita". Tra una portata e l'altra le mani venivano lavate con abluzioni in acqua profumata data anche l'abbondanza, nelle corti e nelle case aristocratiche, di servitori, ancelle, coppieri e mescitori che provvedevano a tutte le esigenze degli ospiti.
Con i Romani dell'età imperiale comparvero le prime posate rese necessarie dalla passione per cibi che stuzzicavano l'appetito come ostriche, molluschi e frutti di mare. Il cucchiaio, simile a quello odierno, era di due tipi:
- il primo detto ligula (da lingua), aveva pala ovale e manico dritto o curvo; veniva usato per somministrare le salse della cucina romana.
- il secondo chiamato cochlear, aveva pala rotonda e piatta con manico dritto e appuntito; veniva utilizzato per scalzare il frutto dalla conchiglia e portarlo alla bocca o per consumare le uova.
Fatto per lo più d'argento, il cucchiaio variava nella forma secondo le mode del momento e spesso aveva incisi motti e dediche augurali. Nel IV secolo, come narra lo scrittore Macrobio, comparve un cucchiaio speciale detto cyathus, della capacità di mezzo litro, utilizzato per versare il vino nelle coppe durante la parte finale del convivio. Il cochlear dei trionfali banchetti, con il diffondersi del Cristianesimo, si trasformò in suppellettile sacra divenendo il cucchiaio di consacrazione presente ancora oggi nei riti greco-orientali.
Durante il Medioevo, per rispondere alle esigenze di lusso e raffinatezza dei signori, il cucchiaio era costruito da materiali preziosi come serpentino, cristallo, cornalina, argento, onice con il manico impreziosito di smalti e pietre preziose; riprendeva a essere tondeggiante e a crescere di dimensioni perché spesso veniva adoperato come fosse una coppetta ovvero preso tra le mani appoggiando i gomiti sulla tavola.
Alla fine del XVI secolo la forma del cucchiaio tornò a essere ovale e il manico ad allungarsi e assottigliarsi. Nell'arco di questo secolo la moda portò a un perfezionamento della posateria dato dalla facilità con cui le grandi gorgiere (fascia o collaretto in tessuto increspato o pieghettato che avvolgeva il collo delle donne) potevano sporcarsi di sughi e di cibo. Fu così che nacquero vari tipi di cucchiai: quelli da intingolo, da tè, da caffè, da cioccolato, da minestre, da punch; cucchiai traforati da zucchero, da olive in una serie di varie forme e dimensioni arricchite da decorazioni che accrebbero l'arte del decoro, soprattutto nel caso delle argenterie , divenendo veri e propri capolavori. Cambiò anche il modo d'impugnare questa particolare posata usando tre dita anziché stringerlo nel palmo della mano come si era fatto fino a quel momento.
I cucchiai da fragole e da uova alla coque, generalmente in osso, avorio o corno, comparirono invece nel XIX secolo insieme ai cucchiai da pappa per bambini che venivano fabbricati in argento per sfruttare il potere battericida di questo metallo prezioso. In seguito all'affermarsi delle buone maniere, il cucchiaio assunse la forma odierna: più ovale e più piatto ai lati e con il manico più sottile al centro.
La storia della posate in metallo e soprattutto quella del coltello è legata all'evoluzione della metallurgia, a partire dall'età del Bronzo. La lama del coltello di epoca neolitica era provvista di un corto manico in osso o in legno e di una lama tagliente quasi sempre ricurva. Coltelli di ferro e bronzo con manico metallico o d'osso, sovente decorato con incisioni o inserimento di pietre preziose, appaiono numerosi in epoca greca e romana, utilizzati in modi diversi per la caccia, per la tavola, per la cucina, per cerimonie sacrificali.
Nel Medioevo il coltello assume grande importanza divenendo arma da caccia e da combattimento; si usava portarlo appeso alla cintura infilato in una apposita custodia. Questo oggetto divenne personale al punto che ognuno arrivava a tavola portando il proprio coltello personale, lavorato e abbellito nei modi più svariati a seconda dei gusti e delle possibilità economiche del proprietario, col manico d'osso, d'avorio, di legno, di pietra dura, di tartaruga, di metalli vari, decorato con figure simboliche, grottesche o fantastiche, sovente con significati rituali. Questa posata aveva la cima aguzza poiché serviva sia per tagliare che per infilzare i cibi da portare alla bocca; solo dal 1630 comincia ad avere la punta arrotondata.
In Italia fino dalla fine del Rinascimento i fabbricanti di coltelli sono rinomati per l'eccellente qualità e l'estetica raggiunta: basti pensare agli splendidi esemplari conservati al museo Poldi-Pezzoli di Milano, come il coltello veneziano del primo Rinascimento col manico d'argento di raffinata eleganza o l'altro, fiorentino di gusto celliniano, col manico di argento dorato lavorato in foggia grottesca.
Il progresso del XVIII secolo portò all'uso di coltelli con manici di madreperla e d'argento, lavorati in forme così eleganti e funzionali che ancora oggi vengono utilizzate dalla coltelleria elegante che si ispira alla produzione del Settecento romano, veneziano e parigino.
La nascita e la diffusione della forchetta ha invece una storia ben diversa e più complessa. Nei millenni ci si è sempre serviti delle mani o di coltelli appuntiti per portare alla bocca il cibo. Nel Medioevo salse e grassi facevano da padroni alla tavola dei signori e sui visi e sulle mani dei commensali l'unto appariva frequentemente impregnando le loro vesti, tovaglie e salviette.
L'uso della forchetta produsse un enorme scandalo quando intorno al Mille la figlia dell'imperatore bizantino Cristiano IX, sposa del Doge Giovanni Orseolo II, venne a Venezia portando con sé una forchettina d'oro a due denti per mangiare: quando, nel 1005, la sfortunata giovane si ammalò di peste e ne morì, nobili e popolani veneziani stabilirono che questa era la punizione divina per tale oltraggiosa perversione conviviale. La povera principessa non fu la sola ad usare la forchetta; anche la moglie bizantina del Doge Domenico Silvio, nel 1071, usava a tavola forchette personali. Fino alla metà del Quattrocento, nella Firenze medicea popolata da letterati ed artisti d'ogni parte d'Italia, l'uso della forchetta veniva guardato con ostilità e considerato in qualche modo "trasgressivo", al punto che le forchette d'oro erano gelosamente tenute chiuse in forzieri più come cimeli di famiglia che come posate.
In Inghilterra nel 1297, nell'inventario di Edoardo I d'Inghilterra, vengono menzionate per la prima volta le forchette. Anche nei secoli successivi negli inventari di re e principi italiani, francesi e inglesi appaiono sempre più forchette d'oro, d'argento, di bronzo con preziose impugnature di avorio, cristallo, pietra dura. Bisogna arrivare però al Cinquecento per respirare l'aria nuova che investì tutta la società urbana e determinò nuove condizioni di vita e nuovi stili comportamentali per trovare quindi improvvisamente diffuso l'uso delle posate a tavola, compresa la forchetta.
Nel 1574-75 il futuro re Enrico III di Francia, figlio di Caterina de' Medici, durante un viaggio in Italia, fu notato per l'uso ostinato di posate e soprattutto di forchette. Questo provocò un'ironica satira di Arthur Thomas che nella sua Description de l'Isla des Hermaphrodites canzonò l'uso di tale "strumento biforcuto".
Nel 1581 Michel de Montaigne compì il suo viaggio in Italia rilevando, tra le altre abitudini, l'uso quotidiano della forchetta individuale; ospite a Roma del Cardinale De Sans, lo scrittore francese constatò la presenza in tavola di cucchiaio, coltello e forchetta, sistemati tra due salviette insieme al pane, al posto di ciascun commensale.
Si cominciò dunque a utilizzare la forchetta perché usare le dita delle mani veniva considerato da "cannibali", come un anonimo redattore scrisse nel 1589 nel suo libro The Habits of Good Society dove definì incivile usare le mani a tavola. Fu questa un' inversione di tendenza in linea con le nuove regole della cortesia, secondo le quali era estremamente sgradevole mostrarsi in società con le mani sporche e unte di sughi, condizione che fino ad un secolo prima non avrebbe destato alcun commento. Con l'avvento del Rinascimento servirsi delle dita per mangiare cominciò a venire considerato oltraggioso, incivile, barbaro e condannabile.
Nel resto dell'Europa rimasero varie resistenze. Chi era particolarmente rigoroso e austero, considerava l'uso delle posate come un eccesso di lusso o il consenso a qualche peccaminosa debolezza di carattere. Addirittura Anna Maria d'Austria, figlia di Filippo III di Spagna, sposa di Luigi XIII di Francia, impose a corte una regola di rigidità quasi puritana, vietando tra l'altro l'uso dell' "inutile" forchetta in tavola oltre che dell'argenteria; nel 1629 il divieto fu esteso con un'ordinanza a tutta la popolazione di Francia. Alla corte di Vienna si usò immergere le dita nel piatto di portata fino al 1651 mentre in Inghilterra non si registra l'uso della forchetta sino al 1660. In Francia Luigi XIV, il re Sole, alla fine del '600 caccia dalla sua tavola il duca di Borgogna colpevole di dare il cattivo esempio ai bambini per aver estratto dalla tasca una elegante forchettina.
Fino a una certa epoca le trasformazioni dei costumi sociali e della buona educazione si sono succedute molto lentamente, affermandosi poi grazie allo sviluppo della civiltà e all'estendersi delle consapevolezze culturali, in seguito alle scoperte geografiche, scientifiche e tecniche dei secoli. L'uso diffuso della forchetta giunge oltre la metà del '700, quando apparvero gli spaghetti (vermicelli). Pare infatti che soprattutto per agevolare la presa dei "fili di pasta", il ciambellano di re Ferdinando IV di Borbone abbia portato a quattro i denti della posata.